Editoriale
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A-DIO FRATEL BIAGIO...

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

A-DIO FRATEL BIAGIO...

«Ma come? Non conosci fratel Biagio?». Questa domanda mi fu rivolta, circa una decina di anni fa, durante un campo mobile sulle pendici dell’Etna, da un giovane capo scout siciliano, sorpreso del fatto che non avessi mai sentito parlare di una persona che lui considerava già come santo, un nuovo san Francesco: uno che aveva preso sul serio il Vangelo, in modo radicale e sorprendente. Ma non solo a parole, bensì con delle azioni concrete. Da allora – provocato da quella domanda a sorpresa – ho cercato di mettermi sulle sue tracce e di capire chi fosse questo “laico missionario” che girava a piedi per il mondo, con una croce sulle spalle, un saio marrone e la lunga barba.

Sono venuto a conoscenza della struttura che ha realizzato a Palermo per accogliere gli ultimi e gli emarginati della città, dal nome emblematico: “Missione di Speranza e Carità”. Ho letto i suoi messaggi, che si trovano ancora oggi sul sito della sua “Missione”: messaggi radicali, apparentemente ingenui della ingenuità del Vangelo, che disturbano e provocano. Ho seguito qualcuno dei suoi viaggi, in particolare quello che lo portò a Strasburgo e poi in diverse città d’Europa nel 2020, per parlare di pace e di Vangelo. Ho cercato di seguire – anche se da lontano – i suoi ultimi giorni, sempre più debilitato a causa della malattia (ma forse anche per i digiuni e per i lunghi pellegrinaggi). Tramite i media, martedì scorso ho partecipato, come tanti altri, al cordoglio di un’intera città, che ha accompagnato fratel Biagio nel suo ultimo viaggio. 

Per tutto questo, per la profonda simpatia ed ammirazione che sono nate in me, faccio mie le parole che mi ha inviato un diocesano che ha avuto modo di incontrare, proprio nella nostra terra, fratel Biagio in uno dei suoi pellegrinaggi: «La vita è fatta di incontri prima che di cose da fare: fratel Biagio con il suo sguardo me lo ha ricordato. È stata per me una grazia averlo potuto accogliere in casa mia ed averci potuto parlare qualche anno fa. Occhi luminosi, veri e profondi, i suoi. Né curiosi, né ambigui: solo semplicemente aperti alla verità di te e a quello che ti senti di condividere. Un uomo disarmato, perché non giudicante, e povero ma pieno di luce e di forza interiore. Ripensando a lui in questi giorni e a quanto vissuto nell’incontrarlo, mi rendo conto di come mi manchi questa sua povertà radicale, da molti criticata, da qualcuno osteggiata, da altri derisa. È la povertà di potere che lo ha reso grande. La sua grandezza sta nell’amore incondizionato di un fratello che ha lasciato tutto per fare spazio all’altro che non ha nulla. Amava ripetere di voler bene senza nessun contraccambio… Eppure, di opere fratel Biagio ne ha fatte molte, di strada a piedi tantissima, sempre armato del suo nulla. La predica di Biagio, anche alla nostra amata Chiesa, è questa: il Vangelo si annuncia solo dal pulpito della vera povertà di chi non ha nulla se non Gesù Cristo, di chi non ha paura di perdere e non ha interesse alcuno se non il bene del fratello e della sorella. La sua era una fede sincera che si fondava sulla croce di Cristo e sul suo amore, pienamente immerso nella Chiesa. Fratel Biagio voleva, con tutto sé stesso, condividere con chi non aveva più nulla, a volte nemmeno la sua stessa dignità. Fratel Biagio rimane per me un esempio: certamente, avrà avuto delle fragilità, ma il solo suo ricordo mi aiuta a non perdere la bussola: il nord magnetico rimane la capacità di farsi poveri per arricchire gli altri di Gesù, volto del Padre misericordioso».

Alessio Magoga

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