DOBBIAMO PORRE TUTTI PIÙ ATTENZIONE AI DISAGI
L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga
“Il Signore ci aiuti ad uscire dai nostri pensieri cattivi, di pregiudizio, di odio, di rancori, di superbia”: ha concluso così la sua omelia il parroco di Pieve di Soligo, mons. Giuseppe Nadal, alle esequie di Adriano Armelin, l’ottantatreenne pievigino barbaramente ucciso nella propria casa lo scorso 25 marzo. Il tragico fatto ha suscitato un senso di profondo smarrimento, insieme alla più sincera solidarietà verso i familiari di Armelin che si sono visti strappare, in un modo tanto efferato, il proprio caro. Adriano – come ha ribadito il parroco nell’omelia – era una persona affabile e benvoluta dall’intera comunità. Ora tutti chiedono che la giustizia faccia, fino in fondo, il suo corso e che il responsabile, un cittadino di origini marocchine, sconti il suo debito e non nuoccia più ad alcuno.
Ribadendo la più grande vicinanza alla famiglia Armelin, l’accaduto impone alcune considerazioni. La prima riguarda la città di Pieve, uno dei Comuni dove la presenza di cittadini stranieri è tra le più alte nella provincia di Treviso (e nella diocesi di Vittorio Veneto). L’amministrazione comunale, ben consapevole di ciò, insieme all’impegno per far conoscere e rispettare le leggi, ha avviato da tempo processi di integrazione, favorendo il dialogo e la conoscenza reciproca. Non vanno minimizzate le fatiche di tale percorso, dato che la presenza di culture diverse è sì una ricchezza, ma è anche una sfida impegnativa. Il tragico episodio, tuttavia, non deve renderci ostaggio della paura e della diffidenza, né mettere a repentaglio il cammino sino ad ora compiuto, perché non vi è alternativa al dialogo e all’integrazione. La comunità civile è chiamata a vigilare perché questo episodio – grave e da condannare nel modo più assoluto – non presti il fianco a strumentalizzazioni. Alle comunità straniere – in particolare alla comunità marocchina, che ha già preso in modo fermo le distanze dall’accaduto – è chiesto di ribadire l’impegno a promuovere il cammino di integrazione, insieme al rispetto dei valori e delle leggi della società che li accoglie.
Il delitto è stato commesso da una persona che manifesta evidenti segni di disagio e di emarginazione. Il caso, purtroppo, non appare isolato. “Negli ultimi anni – ha scritto il vescovo Pizziolo nel comunicato che è stato letto all’inizio del funerale – il territorio di questa unità pastorale è rimasto ferito da diversi fatti tragici simili a questo”, che hanno visto per protagonisti, però, cittadini italiani. Tali accadimenti richiedono strumenti legislativi più adeguati, atti a prevenirli, ma domandano altresì a tutti i cittadini di essere maggiormente attenti alle situazioni di disagio e di marginalità, prima che degenerino in azioni sconsiderate. Tale attenzione preventiva deve essere appannaggio dell’intera collettività, in tutte le sue componenti. Se davvero non si vuole restare imprigionati “in pensieri cattivi e in forme di pregiudizio”, è proprio questa la principale sfida cui siamo chiamati: per il bene di tutti, c’è bisogno di più comunità e di relazioni più prossime e più solidali.
Alessio Magoga
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