IUS SCHOLAE: PERCHE' NO?
L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga
Si parla molto, in questi giorni, di “Ius scholae”. Cioè, dell’opportunità di concedere la cittadinanza a stranieri minori che abbiano completato nel nostro Paese, e in modo positivo, un percorso scolastico. Già nel marzo 2022 la Commissione Affari Costituzionali alla Camera aveva approvato, nonostante la tenace opposizione di Lega e Fratelli d’Italia, un testo su questo delicato argomento. Era stato presentato dall’onorevole Brescia (M5S) e faceva sintesi di tre diverse proposte: quella di Orfini (Pd), di Boldrini (LeU) e di Polverini (Forza Italia). La discussione era poi passata alla Camera nel giugno 2022, dando il via alla discussione della proposta di legge, che però si arenò ben presto a causa delle dimissioni del governo Draghi (luglio 2022) e della conseguente fine della legislatura (settembre/ottobre 2022).
Così quella che è apparsa ad alcuni una “boutade” – il rilancio della questione dello “Ius scholae” delle settimane scorse da parte del ministro degli esteri nonché segretario nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani – sembra essere piuttosto la manifestazione di una certa coerenza con la linea politica di un partito, che già nel 2022 aveva manifestato interesse per questa possibilità. Non si tratterebbe, quindi, di un “colpo di testa estivo” ma di un tema che, obiettivamente e già da tempo, sta a cuore al partito di Tajani.
A differenza, però, dei suoi alleati di Centrodestra (Lega e FdI), da sempre ostili allo “Ius scholae”, perché percepito come un pericoloso allargamento delle maglie che potrebbe favorire – a loro detta – un ulteriore incentivo all’immigrazione irregolare in Italia: secondo queste forze politiche, l’attuale ordinamento giuridico, che concede - previa formale richiesta - la cittadinanza italiana ai minori stranieri nati in Italia dopo il conseguimento del diciottesimo anno di età, è più che sufficiente per fare fronte alla situazione e non è necessario modificarlo. Inoltre – affermano – l’Italia è la nazione che nell’Unione Europea concede il numero più alto di cittadinanze a stranieri (il che è vero, ma queste cittadinanze sono concesse in modo importante a cittadini del Paesi sudamericani – leggi discendenti di immigrati italiani – e cittadini dell’Est Europa). E, infine, Lega e FdI ribadiscono che “non è nel programma di governo” e che ora “le priorità sono altre”.
Bisognerebbe mettere da parte per un attimo i giochi di carattere politico (l’uscita di Tajani sullo “Ius scholae” è una prova di forza all’interno del Centrodestra per ottenere più rilevanza?) ed entrare nel merito della questione. Ascoltando la voce del mondo delle imprese e del volontariato, ed alla luce dei confronti con gli insegnanti che hanno ogni giorno a che fare con i bambini e i ragazzi “stranieri”, credo che la proposta rilanciata da Tajani sia semplicemente ragionevole e meriti di essere presa in considerazione.
Lo “Ius scholae” – non molto dissimile, a dire il vero, da quello che è il sistema attuale per il riconoscimento della cittadinanza, ma capace di accelerare di qualche anno il percorso per l’ottenimento della cittadinanza – è per lo meno auspicabile. La sua approvazione equivarrebbe a prendere atto delle profonde trasformazioni già avvenute nella società italiana e potrebbe aiutare molti bambini e ragazzi, nati e cresciuti in Italia, a sentirsi “a casa” nel nostro Paese ed a sviluppare un più forte senso di appartenenza e di responsabilità, indispensabile per un’integrazione sociale e culturale più matura.
Inoltre, lo “Ius scholae” potrebbe avere l’importante effetto di contribuire a valorizzare la scuola come mezzo di integrazione, “costringendo” la politica a potenziarla in modo più efficace, perché sia davvero luogo di intreccio di relazioni e di conoscenza della cultura del nostro Paese. Per certi versi, lo “Ius scholae” potrebbe rivelarsi come una grande opportunità per valorizzare il nostro sistema-scuola. Quindi, perché no?
Alessio Magoga
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