Mare nostrum, mare di tutti
L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret
E' psicosi in tutto il Paese per i profughi che stanno sbarcando a centinaia ogni giorno sulle coste della Sicilia. Nei primi sei mesi ne sono arrivati già 65 mila, superando il picco massimo del 2011 che è stato di 64.261 sbarchi in un anno. I mezzi di comunicazione sono piuttosto restii a parlarne. Brevi trafiletti, qualche foto. Solo l’ultima raccapricciante tragedia dei 45 africani soffocati nella stiva del barcone ha avuto più risalto. La psicosi serpeggia in tutto il Paese alimentata da politici incoscienti che ne fanno oggetto di propaganda politica. Salvini, il segretario della Lega, dopo le dichiarazioni di Renzi al parlamento di Bruxelles, che rivendicava la volontà dell’Italia di non abbandonare alla morte questi disgraziati, ha sparato a zero: «Renzi dice che il Mare Nostrum continua. Avrà sulla coscienza altri morti. Aiutarli a casa loro senza farli partire è l’unica soluzione». Bravo. Come se il problema della fame, del sottosviluppo e delle guerre che insanguinano il mondo fosse una cosetta che si potesse risolvere con qualche aiuto.
Le psicosi collettive si accompagnano sempre con l’ignoranza dei fatti. Anche su questa immane tragedia c’è molta disinformazione. L’idea che si fa passare è questa: il governo con l’operazione Mare Nostrum ha messo a disposizione mezzi e risorse ingenti per accogliere tutti gli immigrati e ora questi si sono precipitati in massa verso l’Italia sicuri di essere accolti e sistemati. La realtà è diversa. Gli attuali sbarchi che provengono dalla Libia sono di persone che fuggono dalla guerra e da regimi inumani.
Sono “rifugiati politici”. Tra essi molte donne e bambini. Vengono prevalentemente dalla Siria, dall’Eritrea, dalla Somalia, dalla Nigeria. Tutte zone in cui infuria la guerra e la violenza. Costituiscono l’80% di coloro che sbarcano attualmente sulle nostre coste. I rifugiati politici sono una categoria che deve essere assolutamente accolta e protetta secondo le norme più elementari del diritto internazionale. Poi ci sono gli immigrati “economici”, quelli che fuggono per mancanza dei beni essenziali alla vita. Anche per essi c’è un dovere di soccorso una volta in mare e di solidarietà per la loro situazione. La sopravvivenza è una forza istintiva incoercibile. isogna poi considerare la realtà che sta prima dell’ultimo atto che è quello di salire su uno sgangherato barcone. Attualmente i barconi partono dalla Libia perché è qui che si concentra una buona parte di coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame. Ma per arrivare in Libia devono fare passaggi di inaudita sofferenza. Devono attraversare i deserti che circondano la Libia, accalcati all’inverosimile su camion. Viaggi che possono durare anche mesi. Con scarse risorse di cibo e acqua. Non si contano i morti durante questi spostamenti, anche perché in alcune zone si sono formate bande di predoni che assaltano i convo gli rubando, violentando, uccidendo. Ora in Libia, secondo le cifre dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), sono ammassate circa 3 milioni di persone in fuga, in situazione di vita invivibili, soggette ad ogni sopruso. Costituiscono circa il 50% della popolazione libica. E noi abbiamo la sensazione di essere invasi con circa il 7,5% della presenza di stranieri. Molti non si imbarcano perché non hanno più soldi o familiari disposti a pagare. Ultimamente sono state rese note alcune cifre che questi disgraziati devono sborsare oltre il trasporto sulle carrette della morte: 100 euro per due bottiglie d’acqua e una scatola di sardine, 200 per un salvagente, 200 per una coperta, 300 per una conversazione al cellulare per mettersi in contatto con parenti. C’è una organizzazione efficientissima di trafficanti che guadagna cifre enormi. Ci troviamo di fronte ad una situazione che grida vendetta al cospetto di Dio. Noi oggi inorridiamo pensando alla storica tratta dei negri dall’Africa verso l’America nei secoli passati. Oggi nel civilissimo nostro mondo non siamo lontani da quegli orrori del passato. Abbiamo l’Onu, l’organizzazione di tutte le nazioni del mondo per far fronte ai mali mondiali e dobbiamo assistere a tragedie di questo genere.
E poi c’è l’Europa, che ha costituito l’agenzia Frontex per far fronte all’immigrazione. Ha sede in Polonia e si occupa prevalentemente delle frontiere dell’Est europeo, trascurando quasi del tutto quelle del Mediterraneo, dove si affaccia tutto il continente africano e parte dell’Oriente. Tante promesse e aiuti irrisori rispetto a quando spende il nostro Paese per i soccorsi. Gran parte di coloro che sbarcano E sulle nostre coste sono diretti ai paesi del Nord che, a dire il vero, ospitano quote di rifugiati molto maggiori dell’Italia. Per esempio lo scorso anno in Germania sono stati registrati 127 mila richiedenti l’asilo politico, mentre in Italia sono stati solo 27 mila. Ora le cose si stanno complicando con questi paesi perché, interpretando una norma del Trattato di Dublino che regola il flusso dei rifugiati, dichiarano che i profughi devono risiedere nel Paese in cui è avvenuto il primo riconoscimento e quindi li rispediscono in Italia. Mare Nostrum deve continuare, ha dichiarato Renzi di fronte all’Europa, ma dovrebbe cambiare nome: non mare nostro, ma mare dell’Europa, anzi di tutto il mondo. Facciamo parte di un’unica umanità e tutti dobbiamo farci carico di queste tragedie, ciascuno secondo le proprie possibilità.
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