E' risorto
Riflessioni sulle letture domenicali.
Il sentimento dominante della Pasqua è la gioia che nasce dalla fede: “Questo è il giorno di Cristo Signore; rallegriamoci ed esultiamo: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (dalla liturgia del giorno di Pasqua). Ma che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che Gesù non è rimasto morto. Per Lui la morte non è stata l’ultima fase dell’esistenza. Risurrezione significa che Gesù ha superato la realtà della morte; non tornando indietro a vivere come prima, ma andando oltre la morte, entrando in una condizione di vita che sta al di là di ogni nostra possibilità di esperienza e di comprensione. Gesù appare agli apostoli dopo la sua morte e risurrezione, si fa toccare (non è un fantasma), mangia e beve da- I vanti a loro e con loro. Gli apostoli sono i testimoni della risurrezione: non coloro che hanno creduto per fede alla risurrezione, ma i testimoni della risurrezione. Se Cristo è risorto vuol dire che tra morte e vita Dio ha gettato un ponte e la morte è stata vinta. Il dolore è vinto. Il peccato è vinto. È un discorso fra le nuvole, per aria? È una storiella per bambini ingenui? Decisamente c’è una scelta da fare: o accetto che Cristo entri in campo oppure lo lascio fuori campo; o la sua parola vale, oggi, per me e mi lascio toccare dalla sua azione oppure non lo riconosco e non lo lascio agire nella mia vita. Non ci sono scelte di mezzo. Solo l’adesione personale a Lui mi rende capace di accorgermi della sua presenza viva ed efficace. Noi cristiani di oggi crediamo non perché abbiamo visto, ma perché i segni della risurrezione sono presenti tuttora nel mondo: la fede eroica di tanti cristiani, la vita evangelica di tanta gente umile e nascosta, la vitalità di alcune comunità cristiane che le persecuzioni esterne e le lotte interne non hanno fiaccato, l’Eucarestia che è presenza viva di Gesù Risorto che continua ad attirare a sé gli uomini, la Riconciliazione che rende nuove le persone. Sta a ciascuno di noi accogliere questi segni, credere, come hanno creduto gli apostoli, e rendere più salda la nostra fede. Annunciare la Risurrezione non è annunciare solamente un’“altra vita”, ma mostrare che questa nostra vita qui può diventare ancora più intensa e che tutte le situazioni di morte che attraversiamo possono trasformarsi in Risurrezione. C’è un altro mondo, ma comincia già in questo. Ed è così che dobbiamo pensare la Risurrezione! Con la forza del Cristo Risorto noi dobbiamo tentare di diventare uomini e donne di Risurrezione, testimoniando una morale di Risurrezione, da intendere come chiamata ad una vita più profonda, più intensa, che alla fine sconvolga il senso stesso della morte. In questo piccolo spazio di tempo che ci è dato di vivere in questa terra, noi abbiamo bisogno di profeti, magari un po’ pazzi. Sì, perché la Risurrezione è una follia, e quindi bisogna annunciarla in maniera folle; se la si annuncia in modo educato, non può funzionare! Noi dobbiamo dire: Cristo è Risorto e noi tutti siamo Risorti in Lui. Tutti gli uomini, non solo quelli che sono nella Chiesa, tutti! Allora, se nel più profondo di noi l’angoscia si trasforma in fiducia, potremo fare ciò che quasi più nessuno osa fare oggi: benedire la vita.
Don Piergiorgio Sanson
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