CHIESA: don Tonino Bello, libero come chi è pieno di Cristo
Così lo ha ricordato il card. Matteo Zuppi
“Don Tonino, tu non avevi paura di essere strumentalizzato perché eri libero come chi è pieno di Cristo, tanto che chi provava a farlo finiva per seguirti. Caro Tonino, qualche volta la tua voce l’abbiamo accolta con fastidio o sufficienza, con paternalistica commiserazione come se fossero tue intemperanze, esagerazioni utili per qualche azione dimostrativa ma non scelte che coinvolgevano la Chiesa, di campo, di prospettiva, che riguardavano tutti e tutta la comunità. Tutti salvavamo il buon cuore ma spesso bollandolo di ingenuità o come troppo di parte. Non facevi sconti e ricordavi che l’amore per Dio e per il nostro fratello più piccolo sono la stessa cosa e che, se manca uno, manca anche l’altro”.
Lo ha affermato la sera del 20 aprile il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, durante la concelebrazione eucaristica che ha presieduto nella cattedrale di Molfetta in occasione del 30° anniversario della morte del venerabile Antonio Bello. “Queste mura antiche – ha osservato il porporato – ci trasmettono ancora la voce del venerabile don Tonino Bello, non scontata e per nulla ‘paludata’, nutrita dalla Parola di Dio tanto che ciascuno sentiva quelle parole indirizzate quasi intimamente alla propria coscienza. Trenta anni”. “Come non commuoverci – ha proseguito il card. Zuppi – nel ripensare al suo volto scavato e sofferente eppure luminoso e trasfigurato dall’amore in occasione del suo viaggio a Sarajevo, seme di pace e per certi versi suo testamento di amore? E come non provare l’inquietudine che lo portava a non accettare l’inedia ma a seminare comunque pace, soprattutto oggi che viviamo scenari ancora peggiori nella drammatica guerra che si combatte in Ucraina e negli altri pezzi di conflitti che tutti ci commuovono e impongono una scelta?”.
“Don Tonino – ha spiegato Zuppi – lo faceva ‘avendo in corpo l’occhio del povero’ ovvero delle vittime. Cambia tutto se guardiamo il mondo e noi stessi con questo occhio, che è quello di Cristo”, ha ammonito il presidente della Cei, che ha rivelato “la necessità di chiedere perdono a don Tonino. Lo so. Lui per primo si schernirebbe e si metterebbe a farlo per sé. Perdono perché abbiamo frainteso la sua voce evangelica, esigente come è il Vangelo che chiede amore vero e non surrogati; che coinvolge tutto, non solo quello che avanza o finché mi va; amore sporco della vita e anche del nostro peccato, ma amore senza furbizie, calcoli, ecclesiasticismi, strumentalità, ideologie”. AB - Agensir
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento