"Gesù ci chiede di non conservare la sua grazia in cassaforte!"
Durante l'Angelus, papa Francesco riflette sulla parabola dei talenti
L’uomo della parabola dei talenti, oggetto del Vangelo di oggi (cfr. Mt 25,14-30) “rappresenta Gesù, i servitori siamo noi e i talenti sono il patrimonio che il Signore affida a noi”. Lo ha detto papa Francesco affacciandosi oggi dalla finestra del Palazzo Apostolico per l’Angelus domenicale.
Il “patrimonio”, ha spiegato il Pontefice, è rappresentato dalla “Parola, dalla “Eucaristia”, dalla “fede nel Padre celeste” e dal suo “perdono”, ovvero dai “beni più preziosi” che il Signore affida agli uomini. Si tratta di un patrimonio “non solo da custodire ma da fare crescere”, ha sottolineato.
Mentre nel linguaggio comune per “talento” si intende una “spiccata qualità individuale”, nella parabola odierna si allude ai beni che il Signore di affida “perché li facciamo fruttare”.
“La buca scavata nel terreno dal «servo malvagio e pigro» (v. 26) indica la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore. Perché la paura dei rischi dell’amore ci blocca”.
La grazia che Gesù ci dona, però, non va conservata “in cassaforte”: Lui vuole che “la usiamo a vantaggio degli altri”. Infatti “tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri, e così crescono”.
È come se Dio ci dicesse: “Eccoti la mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono: prendili e fanne largo uso”. Di fronte a questa generosità del Signore, sorgono però degli interrogativi nella nostra coscienza: “E noi che cosa ne abbiamo fatto? Chi abbiamo "contagiato" con la nostra fede? Quante persone abbiamo incoraggiato con la nostra speranza? Quanto amore abbiamo condiviso col nostro prossimo?”, ha domandato il Papa.
“Qualunque ambiente – ha proseguito - anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti. Non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza cristiana. La testimonianza che Gesù ci chiede non è chiusa, è aperta, dipende da noi”.
Quella di oggi è una parabola che “ci sprona a non nascondere la nostra fede e la nostra appartenenza a Cristo, a non seppellire la Parola del Vangelo, ma a farla circolare nella nostra vita, nelle relazioni, nelle situazioni concrete, come forza che mette in crisi, che purifica, che rinnova”.
Anche il perdono, che il Signore ci dona “specialmente nel Sacramento della Riconciliazione”, non va tenuto “chiuso in noi stessi”, ma va permesso “che sprigioni la sua forza, che faccia cadere muri che il nostro egoismo ha innalzato, che ci faccia fare il primo passo nei rapporti bloccati, riprendere il dialogo dove non c’è più comunicazione…”, ha proseguito il Santo Padre.
Di seguito Francesco ha raccomandato i fedeli di meditare attentamente il Vangelo di oggi, domandandosi: “I talenti, le ricchezze, tutto quello che Dio mi ha dato di spirituale, di bontà, la Parola di Dio, come faccio che crescano negli altri? O soltanto li custodisco in cassaforte?”.
Il Signore, ha osservato, “non dà a tutti le stesse cose e nello stesso modo: ci conosce personalmente e ci affida quello che è giusto per noi; ma in tutti, in tutti c’è qualcosa di uguale: la stessa, immensa fiducia. Dio si fida di noi, Dio ha speranza in noi! E questo è lo stesso per tutti. Non deludiamolo! Non lasciamoci ingannare dalla paura, ma ricambiamo fiducia con fiducia!”.
Prima di introdurre la preghiera mariana, papa Francesco ha ricordato che “la Vergine Maria incarna questo atteggiamento nel modo più bello e più pieno. Ella ha ricevuto e accolto il dono più sublime, Gesù in persona, e a sua volta lo ha offerto all’umanità con cuore generoso”.
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