ANDIAMO A VOTARE!
L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga
In un celebre discorso tenuto nel 1955 ai giovani milanesi, Pietro Calamandrei, uno dei padri della Costituzione italiana, rispose in modo ficcante a chi gli obiettava che «la politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Come a dire che il problema dell’astensionismo e dell’indifferenza alla politica ha radici lontane... «Quando sento fare questo discorso – disse allora Calamandrei –, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina di quei due emigranti, due contadini, che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”. E questo dice: “Se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda”. Allora corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: “Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda”. E quello dice: “Che me ne importa? Non è mica mio!”. Questo – spiegò l’insigne giurista – è l’indifferentismo alla politica!». È un atteggiamento miope – aggiungiamo noi – tipico di chi ritiene che i problemi della politica siano questioni che non ci riguardano oppure svaniscano semplicemente perché si smette di pensarci...
Sempre in quell’infuocato discorso, mandato in onda lo scorso 2 giugno in uno speciale di Radio Palazzo Carli, Calamandrei ricordò che «la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni». Evidente il riferimento al ventennio fascista ed alla lotta di liberazione. «Vi auguro – concluse – di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare: vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica!». Possiamo dare il nostro contributo in tanti modi, senza necessariamente diventare dei “politici di professione”: il nostro contributo passa attraverso l’impegno ad informarci sullo “stato di salute” del nostro Comune, del nostro Paese, dell’Europa... ed attraverso il diritto-dovere di andare a votare, con spirito critico e con cognizione di causa.
Alla fine, dobbiamo riconoscere – come ha scritto recentemente in un brillante articolo Mattia Feltri – che, pur con tutte le sue contraddizioni, «la democrazia è il sistema di governo migliore e migliori sono le nostre società», perché «la democrazia mi garantisce che vince la destra o la sinistra, e qualcosa cambierà, in fondo non troppo, ma potrò continuare a seguire il mio Dio, le mie idee, i miei gusti, le mie opinioni, e cioè di esercitare quel tanto di libertà che la condizione umana consente». Non è stato così sempre (la storia del nostro Paese ce lo insegna) e non è così ovunque (il presente di molti Stati ce lo ricorda). Pertanto, l’8 e il 9 giugno, facciamo la cosa giusta: andiamo a votare!
Alessio Magoga
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