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VOGLIAMO ASCOLTARE DAVVERO?

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

VOGLIAMO ASCOLTARE DAVVERO?

“Ascoltare con l’orecchio del cuore” è il titolo del messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali che cade domenica 29 maggio, solennità dell’Ascensione. Papa Francesco invita quanti si occupano dei mezzi di comunicazione ad ascoltare: ascoltare in modo attivo e – se possiamo dirlo – empatico, lasciandosi cioè coinvolgere da ciò o da colui che si ascolta. Questo tipo di ascolto è impegnativo: richiede e la capacità dei bambini di sapersi “stupire” e la virtù della pazienza, se non addirittura - per dirla sempre con il Papa - un vero e proprio “martirio della pazienza”. Virtù, quelle appena citate, sempre più rare in un mondo in cui tutto corre in modo sempre più veloce (non c’è tempo per nulla, tanto meno per ascoltare) e tendenzialmente sempre più cinico e disincantato, tanto che stupirsi sembra un lusso destinato a pochi inguaribili sognatori.

Eppure, l’ascolto si offre come l’unica strategia utile per avviare un dialogo che sia reale, uscendo dai troppi “monologhi” o – per usare un’altra espressione del messaggio – dai “duologhi” cui così spesso assistiamo, non solo nel mondo dei mezzi della comunicazione ma anche nella quotidianità dentro la quale tutti viviamo. In realtà, non abbiamo voglia di ascoltare: costa troppo tempo e troppa fatica. Non sembra remunerativo: almeno non subito, non immediatamente. E poi vi sono quelli che si potrebbero definire dei “paladini dell’ascolto”, che, soprattutto in questo tempo in cui si parla molto di “sinodo” e di “cammino sinodale”, ad ogni piè sospinto, quasi fosse un mantra, invocano l’urgenza, dentro e fuori della Chiesa, dell’ascolto. Costoro, però, danno l’impressione di voler essere ascoltati piuttosto che ascoltare veramente gli altri. Quale mirabile “escamotage” per far sentire, in realtà, solo la propria voce!

Il Papa, nel suo messaggio, raccomanda una via d’uscita a questo narcisismo egolatrico, che campeggia, solenne e tronfio, dentro e fuori il mondo della comunicazione. “Bisogna porgere l’orecchio – scrive il Pontefice – ed ascoltare in profondità, soprattutto il disagio sociale, accresciuto dal rallentamento o dalla cessazione di molte attività economiche”. E ancora, facendo riferimento ai migranti: “Bisognerebbe provare ad ascoltare le loro storie. Dare un nome e una storia a ciascuno di loro (...) Ascoltiamo queste storie (...) Avremo davanti agli occhi, non dei numeri, non dei pericolosi invasori, ma volti e storie di persone concrete, sguardi, attese, sofferenze di uomini e donne da ascoltare”.

L’invito di papa Francesco è rivolto, certo, a quanti si occupano di giornalismo per professione. A quelli dei “giornaloni”, tanto per intenderci, come li definisce qualcuno con malcelato disprezzo, ma anche a quanti si occupano dei mezzi di comunicazione della Chiesa, in una diocesi oppure in una parrocchia. Tuttavia, le parole del Papa possono trovare attuazione nella vita di ciascuno di noi, laico o credente che sia, perché tutti abbiamo la possibilità di incontrare persone ed ascoltare le loro storie: soprattutto le storie di chi attraversa situazioni di maggiore difficoltà oppure è vittima del pregiudizio. Basta solo volerlo fare, cioè decidere di farlo.

Alessio Magoga

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