Taci. Esci da lui
La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Domenica 28 gennaio - IV del tempo ordinario - anno B - quarta settimana del Salterio - colore liturgico verde Dt 18, 15-20; Sal 94; 1Cor 7, 32- 35; Mc 1, 21-28 Ascoltate oggi la voce del Signore
Quello che incontriamo in questo brano del vangelo è il primo esorcismo raccontato in Marco. Mi colpisce che tutto questo venga collocato proprio dentro la sinagoga… Non in una viottola malfamata della periferia di Cafarnao, non in un angolo oscuro di qualche paesello sperduto, ma dentro la sinagoga. L’evangelista è chiaro: la prima liberazione dal demonio deve avvenire “dentro” la comunità, ai tempi di Gesù ma anche ai nostri tempi. Lo Spirito Santo ci invita a partire “da dentro”, da quell’impasto meraviglioso di santità e di peccato, di slanci e di fatiche, di eroismi e di mediocrità che sono le nostre comunità, che siamo ciascuno di noi. Dal “dentro”, perché la Parola ci chiama a dirci la verità sulla nostra fede, a smuovere i macigni che impediscono di percorrere le strade della fraternità, a ritrovare i sentieri della speranza, a Q sbarrare i vicoli senza uscita della superficialità, a non impantanarsi nei fanghi dei tradizionalismi vuoti. La Parola di Dio ci mette in discussione. Siamo tutti interpellati a liberarci da quelle esperienze di fede false e vuote che ci allontanano dal Dio bellissimo rivelato da Gesù. Basta solo lasciarci “stupire” dalla parola di Gesù.
La gente del vangelo “si stupiva” del suo insegnamento perché ascoltava finalmente una parola autorevole! Come la gente di Cafarnao, anche noi ci incantiamo quando abbiamo la ventura di incontrare persone che non comunicano attraverso parole per sentito dire, ma attraverso parole accese, vive, autorevoli. Sono parole che toccano il centro della vita, perché nascono dal profondo, dal silenzio, dal dolore. La parola di Gesù è potente, ma di una forza terapeutica liberante. Come la parola di Gesù guarisce, purifica, così le parole della Chiesa dovrebbero guarire, purificare. La Chiesa infatti non è chiamata ad annunciare una parola sua, ma quella di Gesù, che ci consegna una parola di vita, una parola cioè che è viva e dà vita. Annunciare il Vangelo non significa dimostrare una verità astratta, ma mostrare come Dio è presente nella storia degli uomini, liberandoli dal male. Nel Vangelo di Marco gli indemoniati compaiono spesso nel raggio di azione di Gesù. Le forze da cui queste persone sono dominate e rese schiave sono presentate come forze sovrumane in contrasto con Dio, il cui scopo è quello di dominare e danneggiare l’uomo. Esse avvertono la presenza di Gesù, sentono che minaccia il loro potere, si schierano contro di Lui e gli pongono resistenza.
Gesù infrange il loro potere con una sola parola: “Taci. Esci da lui”. Nello scontro è Cristo che vince, ma non con la forza dialettica: Gesù non discute con il demonio. Gli impone addirittura di “tacere e di andarsene”. Cristo non scende a patti con lui. Può discutere con il peccatore pentito, mai con colui che compie il male con piacere. L’invito di questo episodio è lottare, in nome del Vangelo, contro tutto ciò che opprime e possiede l’uomo. Lo spirito immondo è immagine di tutto ciò che in noi rifiuta Dio e si oppone alla sua parola. Volesse il cielo che tutti i discepoli di Gesù fossero autorevoli! Ma un mezzo c’è: non si tratta di “dire” il Vangelo, ma di “fare” il Vangelo; non tanto proclamare una notizia, ma diventare buona notizia.
Don Piergiorgio Sanson
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