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Oltre i partiti: la democrazia del pubblico

L'editoriale del direttore don Giampiero Moret.

Oltre i partiti: la democrazia del pubblico

All’inizio di un nuovo anno, guardando a ciò che ci aspetta, si accende sempre lo scontro tra ottimisti e pessimisti; tra coloro che vedono un futuro luminoso o perlomeno un po’ di luce in fondo al tunnel e coloro che vedono solo buio. Il nostro premier fa ampio sfoggio di ottimismo assicurando che tutto andrà per il meglio. Questo eccesso favorisce un’opposizione che, invece, presenta una visione catastrofica e proclama che bisogna eliminare tutto e ricominciare daccapo. Quando lo scontro si acutizza mostrando tutto bello e facile oppure tutto brutto e sbagliato si crea una contrapposizione che blocca la normale dialettica politica. Il premier Renzi punta sull’ottimismo perché ha percepito il vento nuovo che sta spirando nell’ambito politico. Pare che in questi tempi, alla gente, al popolo in genere, che è poi quello che determina il consenso, piaccia il leader che ha idee semplici, volontà decisa e una buona dose di entusiasmo. I partiti, soprattutto i grandi partiti ben strutturati, non hanno più presa sulla gente. Tanto meno ne hanno i politici che vivono nei loro apparati. Nel discredito totale in cui è caduta la figura del politico, ha ancora qualche possibilità di ascolto chi sa agganciare direttamente la gente esponendosi nelle piazze, ma ancor più utilizzando i mezzi di comunicazione che la gente usa abbondantemente. La televisione è ancora la regina in questo campo, ma sempre più acquistano spazio i nuovi mezzi, in particolare i social network, le reti che collegano direttamente tra loro masse di persone. I nuovi leader politici preferiscono ormai parlare in questo modo, saltando i partiti. Si chiama “democrazia del pubblico”, in contrapposizione alla vecchia democrazia associativa che usava prevalentemente lo strumento del partito. Il nuovo politico deve essere un attore che espone la sua faccia e sa attirare attorno a sé un pubblico che lo applaude e gli dà il voto.

Il nostro capo del governo è evidentemente ben fornito di queste doti e le usa in abbondanza. Come del resto ha fatto per un ventennio anche Berlusconi, favorendo questa piega al nostro sistema democratico. Sotto questo aspetto hanno molte somiglianze, ma si distinguono nettamente sul fine che vogliono raggiungere con questo stile di fare politica. Molti sono preoccupati per questa politica che ha “cambiato verso”. Vi vedono pericoli di autoritarismo e di populismo che indeboliscono il senso della partecipazione cosciente e attiva dei cittadini. In realtà esistono questi pericoli. Il premier Renzi è criticato proprio per questo abuso di atteggiamenti populisti che lo portano a promettere mari e monti, a saltare le lente mediazioni, a prospettare vie facili di rinnovamento radicale. Capisce che questo è ciò che premia maggiormente nell’attuale deserto della politica. D’altra parte, anche le opposizioni che hanno una certa presa sulla gente (Salvini, Grillo) usano gli stessi strumenti e lo stesso stile. Forse ci troviamo di fronte ad una svolta inevitabile della partecipazione democratica. Certamente è determinata dai nuovi mezzi di comunicazione, dei quali non è più possibile fare a meno, che favoriscono sempre più questo contatto diretto.

I pericoli sono evidenti. Bisogna creare anche gli anticorpi per evitare degenerazioni mortali. La democrazia può assumere forme diverse, però non deve mai indebolire i suoi muri maestri che sono la libera, cosciente e attiva partecipazione di tutti i cittadini al governo del Paese. Gli anticorpi che noi cittadini dobbiamo sviluppare, sono quelli che ci aiutano a resistere alla tentazione di lasciarsi trascinare da facili entusiasmi in reazione al clima di asfissiante pessimismo nel quale siamo immersi. Per liberarcene abbiamo bisogno non di vacuo ottimismo ma di solida speranza. La speranza si distingue dall’ottimismo quando è fondata su possibilità concrete. Dobbiamo scoprire i punti su cui possiamo far leva per risollevarci. Ascoltiamo chi ci aiuta a vedere la realtà e le possibilità reali che abbiamo. Da chi ci governa pretendiamo sempre chiarezza di programmi e trasparenza in tutto quello che fa. Solo a queste condizioni possiamo lasciarci infervorare dalle sue parole e accendere l’entusiasmo che è una risorsa utile, quando è fondato, per sostenere l’impegno. Allo stesso modo diffidiamo di chi ci fa vedere solo macerie senza indicare vie sensate per ricominciare a costruire. La malattia mortale della democrazia è sempre stata la mancanza di consapevolezza da parte dei cittadini.

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