Settant'anni di Repubblica
L'editoriale del direttore de L'Azione.
Proprio quest’anno cade il 70º anniversario della nascita della Repubblica. Il 2 e il 3 giugno del 1946, infatti, si tenne il referendum istituzionale – il primo a suffragio universale – con il quale uomini e donne furono chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo dare al Paese: monarchia o repubblica. Contestualmente furono eletti anche i deputati dell’Assemblea Costituente, cui fu affidato il compito di redigere la Costituzione italiana, che dopo l’approvazione entrò in vigore il 1º gennaio 1948. Il mondo cattolico, una delle tre principali “anime” dell’Italia del dopoguerra, diede un contributo di grande rilievo alla ricostruzione economica e culturale della Nazione. Per molti politici di ispirazione cristiana aveva un senso molto chiaro l’espressione successivamente coniata da papa Paolo VI: “La politica è la forma più alta della carità”. Anche la gran parte dei politici che non era di estrazione cattolica, pur senza rifarsi al concetto evangelico di “carità”, aveva una concezione “alta” dell’attività politica e la intendeva soprattutto come un “servizio” per il bene del Paese. Non esistevano allora particolari privilegi di carattere economico o “pensioni d’oro” per chi s’impegnava in politica. Erano la passione per gli ideali e il desiderio di ricostruire l’Italia ad accendere il dibattito politico e a motivare l’impegno dei membri dell’Assemblea. A settant’anni di distanza molte cose sono mutate. Senza dover arrivare al pessimismo della canzone “Io non mi sento italiano” di Gaber, bisogna riconoscere che la forte carica di idealità dell’Assemblea Costituente si è – per così dire – “attenuata”.
Tuttavia, le sfide che si profilano all’orizzonte possono diventare un’opportunità per la politica italiana, perché cerchi di alzare il livello delle proprie aspettative. Ma anche per tutti noi, perché ci riappropriamo dei nostri diritti e doveri di cittadini e ci appassioniamo un po’ di più del nostro “sentirci italiani”. Oggi in campo, infatti, vi sono delle partite politiche di grande importanza per il futuro del Paese, che molto verosimilmente renderanno ancora più calda l’incipiente estate. Ci riguardano almeno tre sfide, a cerchi concentrici via via più ampi. Innanzi tutto, le ormai prossime elezioni amministrative, che nella nostra diocesi vedono coinvolti i comuni di Cordignano, Oderzo e Portobuffolè (e anche Caorle). In secondo luogo, un po’ più in là nel tempo, verso l’autunno – chissà se nello stesso giorno o in date diverse! –, si terranno il referendum regionale “per il riconoscimento di ulteriori forme di autonomia” del Veneto e il referendum per la riforma di alcune parti della Carta Costituzionale. A livello nazionale, le amministrative saranno interpretate facilmente come una prima cartina tornasole dell’indice di gradimento dell’attuale governo Renzi, in vista della più decisiva tornata elettorale – quella del referendum costituzionale – che sempre più sta assumendo il significato di un sì o un no alla figura del primo ministro. In questo contesto, fortemente connotato politicamente, si colloca anche il referendum del Veneto, che si muove in direzione “contraria” rispetto alla riforma costituzionale promossa dalla Boschi. Infatti, mentre il sì al referendum costituzionale comporterà, tra le altre cose, un accentramento nelle mani dello Stato di alcuni poteri che attualmente sono delle regioni, il referendum promosso dal governatore del Veneto intende avviare un processo per avocare alla Regione più importanti margini politici ed economici, così da rendersi più “libero” dallo Stato centrale, a imitazione – seppure molto parziale – delle regioni a statuto autonomo, come il Friuli e il Trentino. Due regioni, tra l’altro, le cui condizioni economiche di privilegio sono motivo di sofferenza e al tempo stesso di forte attrazione per alcuni comuni del Bellunese, che passerebbero volentieri il confine (Sappada docet!). Ci auguriamo che in questi mesi il dibattito politico “tenti” di assestarsi su un livello di alto profilo. Come pure auspichiamo che ogni cittadino, uomo o donna, abbia chiara consapevolezza del grande valore che il diritto-dovere di votare, grazie al quale settant’anni fa dopo decenni di dittatura nacque la Repubblica, costituisce per tutti.
Alessio Magoga
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento