Editoriale
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TUTTO CHIEDE SALVEZZA

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

TUTTO CHIEDE SALVEZZA

"Tutto chiede salvezza" è il titolo di un romanzo che si è classificato nella cinquina (da quest’anno sestina) finale del premio Strega 2020. Il racconto si intreccia con l’autobiografia: l’autore, il romano Daniele Mencarelli, che ha conosciuto una giovinezza irrequieta e fatta di eccessi, parla di sé e di una fase della sua vita. Nel romanzo narra gli incontri, i pensieri, le vicende di una settimana di Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) ambientata negli anni ’90, quando vi fu costretto, dopo alcune intemperanze in casa. Quello che emerge è, soprattutto, il dramma della sofferenza umana – quella psichica, certo, ma più in generale quella di ogni persona –: una sofferenza che sale dalla terra verso il cielo come un disperato appello, una sconcertante richiesta di aiuto. “Tutto chiede salvezza”: senza dubbio, a chiedere salvezza sono i ricoverati del Tso di cui narra Mencarelli, con le loro turbe psichiche, i loro drammi familiari, le loro sconfitte in attesa di redenzione, i loro personali errori. Ma nelle loro sofferte vicende si intravedono anche i drammi e le fatiche delle persone che sono legate a loro: i familiari, gli amici, i medici e gli infermieri… la piccola umanità che si intreccia con i protagonisti della storia. Pur nella drammaticità del racconto, tuttavia, si scorge qualcosa di positivo e luminoso e si percepisce un messaggio di speranza. La consapevolezza che “tutto chiede salvezza”, infatti, si raggiunge solo dopo aver scoperto, dolorosamente, che si sta male e che da soli non è possibile farcela.

Nella prospettiva suggerita dal romanzo, i “matti” del Tso sono in un certo senso degli avvantaggiati, dei privilegiati, perché hanno il singolare dono di sperimentare sulla propria pelle la fragilità e la debolezza della propria condizione. Hanno capito che da soli non ce la possono fare e scoprono inusitati vincoli di solidarietà. Per alcuni, probabilmente, questa condizione di precarietà comporta l’acuirsi della patologia e della sofferenza. Per Mencarelli, invece, è l’inizio di un percorso verso un più profondo senso di umanità e verso la luce della fede: i riferimenti religiosi, nel racconto, sono numerosi. Non tutti faranno lo stesso percorso umano e spirituale di Mencarelli, tuttavia la sua vicenda è istruttiva, perché innanzi tutto rivela che il primo passo verso la salvezza è prendere consapevolezza che di essa abbiamo bisogno. Questa coscienza si raggiunge solo oltrepassando e vincendo la superficialità, dentro cui rischiamo di trascorrere la nostra vita. Il racconto di Mencarelli svela pure come la “mia” sofferenza sia della stessa pasta della sofferenza degli altri: “tutto chiede salvezza”, vale a dire non solo io soffro e chiedo aiuto, ma anche chi mi sta accanto, chi mi sta vicino. Difficile in questi giorni non sentire la sofferenza per Gianluca e Flavio, i due ragazzi morti nel sonno, forse, per aver ingerito delle sostanze stupefacenti. Come non sentire la sofferenza delle loro famiglie e dei loro amici e i loro (nostri) interrogativi lancinanti: “Si poteva fare di più per salvarli”? E come non sentire lo sconcerto e il dolore per la vicenda che vede protagonisti quegli altri ragazzini nei cui cellulari sono stati trovati video e immagini con raccapriccianti scene di violenza? Che cosa non sta funzionando nel nostro approccio al mondo dei giovani e nel nostro sistema educativo? Sono solo due esempi che ci toccano sul vivo e ci scuotono, perché coinvolgono dei giovanissimi: due fatti tra i tanti che quotidianamente avvengono dentro le nostre comunità, nelle nostre scuole, nelle nostre famiglie. “Tutto chiede salvezza”. Sì, è vero. Rendercene conto, forse, è il primo passo che ci viene chiesto per iniziare a fare qualcosa per alleviare il dolore e per cercare di migliorare il contesto in cui viviamo.

Alessio Magoga

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